Autoguarigione, è possibile?

 

 

Comincio da un’esperienza personale.

Ero in viaggio e mi trovavo a Berlino. Non ero a casa mia ma presso amici che mi avevano affidato le chiavi di casa. Loro non c’erano. Per me è sempre stato un grande privilegio essere invitata e ospitata ovunque.

Inverno rigido, qualche incombenza che avevo da sbrigare e così, come nella più classica della letteratura ortopedica e fisioterapica, mi prendo il famoso “colpo della strega”. Una sciatalgia che non ignoro del tutto e che avevo già avuto in passato e sempre in concomitanza di problemi che non riuscivo ad accettare o risolvere. 

Incontro un paio di amici al caffè e con l’occasione mi faccio dare il numero di telefono di unfisioterapista. Periodo natalizio, purtroppo tutto pieno e niente appuntamento. Torno a casa e cerco di tenere la zona lombare calda, avvolgendo una sciarpa attorno al bacino. Avevo comprato dell’olio e della pomata all’arnica e massaggio lentamente la parte, fino ad addormentarmi. La sera mi sento meglio, bevo solo una tisana e resto in casa.

Il giorno dopo esco con altri amici, appuntamento al mercato per la spesa. Abitudine già consolidata negli anni, diventata per me e per ogni tedesco un appuntamento che si conclude poi tutti al caffè o all’aperitivo e a pranzare insieme. Avverto una fitta. Non dico niente.

Continuo a partecipare a tutto ma quando mi alzo, la fitta mi rende doloroso camminare. È peggiorata. Avverto che sta arrivando un blocco e uno degli amici mi accompagna al taxi con le borse della spesa. Riesco a sedermi sudando freddo. Il taxi mi porta a casa e noto che l’autista è un tipo antipatico e maleducato.  Lo pago e pur vedendo che sto male, non fa niente per aiutarmi a prendere le borse. Riesco a uscire dall’auto con dolori lancinanti.Per fortuna il palazzo ha l’ascensore, un lusso per le case tedesche.

Non ce la faccio a mettermi sul letto, troppo morbido. Mi stendo sulla moquette, piego le gambe e cerco di rilassare la schiena. Per un po’ va bene. Non posso fare esercizi in questa condizione! Spalmo la pomata di arnica, metto una canotta di cotone a pelle, avvolgo la sciarpa e sopra, la felpa della tuta. Resto così per un po’ ma ho bisogno di bere qualcosa di caldo. Appena possibile mi alzo a fatica da quella posizione.

Bollitore e tisana allo zenzero, dovrebbe funzionare come antinfiammatorio. Bevo e cerco di muovermi il meno possibile. Dopo un po’, mi prende la stanchezza e mi addormento. Dura poco perché, appena cambio posizione mi sveglio dal dolore.

Altra pomata, automassaggio e mi rimetto a terra. Stavolta appoggio le gambe sul letto, piegate a 90 gradi in modo da rilassare la schiena e appoggio le mani sull’addome. Sono coperta perché mi prende un po’ di freddo.

Ricevo una telefonata per sapere come sto, se ho bisogno di qualcosa e se me la sento di andare a cena. Assolutamente no. Ho intenzione di restare in casa anche il giorno dopo e mi farò sentire appena starò meglio. 

 

Così mi decido a ricominciare la mia pratica di meditazione. L’avevo fatta già tempo addietro insieme al training autogeno e poi non me ne ero più occupata, dimenticando tante cose. Una meditazione cominciata in modo difficile, non ero più allenata e mi distraevo continuamente. Poi ripetendola e ripetendola, ci sono arrivata.

Non avevo fretta, il cellulare era spento, dovevo occuparmi solo di me stessa, di portare in equilibrio la “me consapevole e razionale” quella che controllava le mosse, la schiena, il dolore, e quella che invece accompagnava la sofferenza. Mi sono ritrovata a gestire le emozioni con le fitte lancinanti che mi avevano immobilizzato la colonna vertebrale.

La mia visione olistica che ritiene la persona un insieme inscindibile di corpo, mente e spirito mi metteva di fronte alla causa del problema e toccava a me risolverlo, stavolta non per gli altri ma verso me stessa. Mi chiedevo innanzitutto quale messaggio stava cercando di darmi il corpo.

Un errore alimentare che avevo sottovalutato?

Avevo forse favorito un’acidità nel corpo a scapito dell’equilibrio alcalino?

Pur avendo scelto un’alimentazione vegetariana prima, e poi vegana, forse tra inviti vari, avevo abusato o mangiato cibi non adatti a me.

Riguardo al sonno, il mio era sicuramente salutare per il numero di ore in cui dormivo: 7- 8 ore per notte.

Che cosa stava influenzando in modo così drammatico la mia guarigione?

Lo sapevo benissimo. Probabilmente, gli eventi accaduti negli anni precedenti non erano stati rielaborati e superati definitivamente. 

Mi ero messa in testa di guarire da quel blocco fisico ed emozionale.

Detto così, sembrava che volessi tenere sotto controllo la guarigione. Invece questa era solo la possibilità finale. Per me era importante arrivarci ascoltando il mio corpo e la cura da iniziare, senza fretta.

Ho cominciato con la meditazione semplice, al livello di respirazione. Prima, cinque respirazioni complete seguendo il flusso dell’aria che entrava nel corpo, e accompagnandolo poi verso l’esterno. Poi ho continuato con la respirazione yoga aiutandomi con le due dita sulla fronte e chiudendo prima una narice e poi l’altra. Quando ho sentito che le narici erano libere, ho continuato a respirare regolarmente, cercando di svuotare la testa dai pensieri e dai problemi.

Mi sono concentrata solo su un punto e mi sono immersa in questo “vuoto” aprendo – come si suol dire – le porte a tutte le possibilità.

Man mano che il senso di rilassamento aumentava e mi sentivo leggera, ho immaginato e visualizzato il mio corpo partendo dalla testa, le braccia, le spalle, sono scesa con la mente giù fino alla punta dei piedi e sono risalita lentamente.

Ho viaggiato nel mio corpo, con un automassaggio mentale. Era arrivato il momento di “perlustrare” punto per punto tutta la zona in cui si era verificato lo stress. Il blocco energetico che non consentiva di fluire e stagnava come un ingorgo.

Ho lasciato che ogni vertebra, ogni nervo o tessuto venisse coinvolto nella mia meditazione. Li ho visitati e toccati con la mente. Ogni piccolo punto l’ho immaginato dolcemente con il massaggio, ci nuotavo dentro. 

Ero dentro il mio corpo e volevo guarire.

Sapevo della straordinaria capacità che ha il corpo di rigenerarsi e autoregolarsi. Ho sentito spesso parlare di guarigione spontanea, quel meccanismo che il corpo mette in atto per recuperare. Ora più che mai credevo nell’autoguarigione. Toccava a me ristabilire l’equilibrio. Anche se per molti può risultare difficile e complicato, bisogna tener conto di molti fattori. 

Se l’alimentazione è basata su cibo troppo raffinato o spazzatura, niente movimento o attività sportiva, dipendenze di ogni tipo, allora è un po’ più faticoso innescare all’improvviso il processo di autoguarigione. Bisogna lavorare su tutti questi punti e molti altri ancora. 

Nel mio caso, forse avevo bisogno di qualche integratore, un aumento di vitamine e minerali. Sappiamo tutti però che molti disturbi e malattie sono di origine psicosomatica.

Dovevo lavorare di più sui miei pensieri, sulle emozioni, sul significato del mio dolore, sul potere che ha la nostra mente nel processo di guarigione e affidarmi alla meditazione, attualmente sostenuta e affiancata alle terapie anche in molte cliniche.

Mi stavo imbarcando in un’azione in cui credevo ma che non avevo ancora sperimentato fino in fondo. Ho lavorato duramente, ero stanca mentalmente, ma anche per la stessa posizione in un tempo che mi sembrava infinito. Mi rilassavo addormentandomi.  

Dopo aver faticato a rialzarmi per una nuova tisana, spalmavo di nuovo la pomata. Ricordo che in serata, misi un po’ di musica classica rilassante, così mi addentrai ancora una volta nel mondo della possibile autoguarigione. 

 

 

 

 

 

 

La mente è favolosa, e forse il mio organismo aveva la capacità di riprendersi. A prescindere dalla pomata, dalle tisane e dal massaggio, credo basilarmente che ci sia una capacità innata in ciascuno di noi di ritrovare l’equilibrio. Forse, bisognerebbe credere che abbiamo tutti questa possibilità e che il processo di guarigione è innanzitutto nelle nostre mani. 

Dobbiamo prenderci del tempo per la cura.

 

Dopo due giorni, sono uscita dal dolore come da un sogno. 

Doccia e colazione.  Lentamente mi preparavo ad uscire per respirare il freddo secco e tornare alla vita con una nuova energia e soprattutto una nuova esperienza. Comunicai agli amici che stavo bene. Ne parlai con un’amica che credeva fermamente in quello che le avevo raccontato.

Ora lo racconto e lo scrivo per voi, perché tutti ci possiamo provare.

 

 

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